Parlano la fisioterapista ed il preparatore atletico

27 agosto 2018
Parlano la fisioterapista ed il preparatore atletico

Giocatrice, capitano ad una partita dalla serie A2 pochi anni fa, oggi fisioterapista delle Nazionali giovanili dell’Italia e del Gruppo Stanchi Athena Basket Roma. In estrema sintesi è questo il ritratto di Irene Munari (in foto), una vita nella pallacanestro. Con i colori di Athena e della Nazionale sulla pelle. Anche lei ha appena iniziato la nuova stagione col gruppo che tra un mese circa affronterà la serie A2 nel girone Sud.

Di cosa hanno bisogno le atlete in questa fase della stagione dal suo punto di vista?
“Credo che la prima cosa da rilevare sia la distinzione tra il fatto che le nostre giocatrici siano semi professioniste e che quindi per vivere fanno altro, da chi studia a chi lavora già. Questo fa molta differenza perché venire ad allenarsi dopo una giornata faticosa, molto spesso anche la sera, è difficile, impegnativo e porta con sé aspetti diversi. La stanchezza per esempio di un’atleta professionista è di un altro tipo, gli infortuni possono arrivare dal lavoro in palestra o da un incidente di gioco. Nel nostro caso un infortunio, un guaio, un fastidio possono avere come causa altro: dallo stress dello studio o da quello del lavoro per parlare delle cose più comuni. E quindi è necessario che le ragazze facciano una vita la più controllata possibile anche al di fuori del campo. Io lo dico spesso : curate il vostro fisico, aiutatevi a star bene col vostro corpo. Il che vuol dire che comunque bisogna fare una vita da professioniste pur senza esserlo dal punto di vista dello status professionale. Poi gli incidenti, gli infortuni, i guai arrivano lo stesso ma l’importante è cercare di ridurre il più possibile la possibilità di farsi male al di là del campo”.

Come svolge il suo lavoro nella quotidianità Irene Munari?
“Prima di tutto cerco di fare squadra a mia volta con l’allenatore, il preparatore atletico le giocatrici. Lo staff deve avere la capacità di essere professionalmente molto collaborativo ed avere un dialogo continuo. Da questo punto di vista per esempio, in Athena, con Francesco Goccia, il nostro allenatore, e Daniele Marchetti, il vice allenatore e preparatore atletico, non ci sono problemi, andiamo molto d’accordo. Ed alle ragazze dico che vorrei che mi avvisassero subito di tutto quello che capita loro da un punto di vista fisico: dal più piccolo mal di testa o starnuto a cose più importanti. Tutto questo detto anche al preparatore fa sì che possiamo avere il quadro completo di ogni atleta e possiamo calibrare – ognuno per le sue specifiche competenze – il lavoro da fare. L’atleta professionista quando si infortuna fa “l’infortunato professionista” e dedica tutta la sua giornata al recupero dall’infortunio. Al nostro livello invece si deve andare al lavoro magari o studiare. E quindi l’approccio al recupero è più complicato per certi versi. Quando mi sono rotta il crociato e giocavo, non potevo non andare al lavoro e ci sono andata per tanto tempo grazie a mia madre che guidava la macchina e mi accompagnava. “

Da quando ha iniziato il lavoro della fisioterapista ha visto cambiare gli infortuni e quindi il modo di trattarli?
“Certamente in questi 16 anni è cambiato molto. E’ cambiato il gioco della pallacanestro, sono cambiati i materiali, dalle scarpe ai campi. Ed è cambiato il nostro lavoro anche rispetto ai materiali, intendo dalle macchine al cerotto per esempio. Qualche anno fa la rottura dei crociati di un ginocchio poteva anche interrompere una carriera, mentre oggi si può tornare anche ad essere più forti di prima. E’ cambiato l’approccio all’infortunio. Prima c’erano solo gli allenatori ed i giocatori/giocatrici. Oggi intorno ad una atleta c’è una squadra: l’allenatore, il vice, il preparatore atletico, il o la fisioterapista che lavorano a strettissimo contatto col medico che segue la squadra.”

Un atleta che deve recuperare da un infortunio passa molto tempo col suo fisioterapista. C’è anche un po’ di lavoro psicologico in questa professione?
“Non vorrei parlare proprio di psicologia perché non è e non potrebbe essere il nostro campo. Certamente c’è una grande componente emotiva, c’è una confidenza che si stabilisce giorno per giorno tra atleta e fisioterapista. Noi siamo vicini all’atleta in un momento particolare della sua vita quindi a volte può essere necessario cercare di offrire anche un sostegno morale, un appoggio. A me risulta meno difficile cercare di esserci anche in questo senso perché ho giocato, e giocato mentre studiavo e lavoravo. Quindi conosco le logiche ed i ragionamenti che attraversano la testa di una ragazza infortunata. O comunque immagino cosa stia provando. Tra donne poi è naturale che nasca una confidenza diversa, ma voglio anche dire che la parte emotiva di questa situazione è anche la più difficile da offrire”.

Daniele Marchetti, è l’assistente allenatore e preparatore atletico della squadra romana. Con lui subito una fotografia di cosa sta facendo l’Athena in questi primi giorni di raduno. “Abbiamo iniziato con la riattivazione tipica di ogni post estate. Un lavoro aerobico per ricominciare a prendere confidenza col proprio fisico e con il campo. La condizione generale delle ragazze è nella norma dopo la pausa estiva: qualcuna sembra già in perfetta forma qualcuna ha bisogno di smaltire le vacanze. Ma è giusto che sia così. Nei primi due giorni con Irene Munari abbiamo anche fatto dei test sulla mobilità articolare ed un riassunto generale sullo sato di salute complessivo di ogni giocatrice. In questo modo possiamo mettere a punto un lavoro specifico per ognuna di loro, accanto a quello che si fa tutti insieme”.

Nel DNA di Athena c’è la voglia e la capacità di correre quando si gioca, di spingere subito un’azione verso una conclusione nei primi secondi. Come si imposta il lavoro di preparazione rispetto a questa caratteristica?
“In modo finalizzato ma graduale. Prima si cerca di mettere tutte le ragazze allo stesso livello di preparazione. Poi si lavora sulla corsa e la resistenza. In questo senso abbiamo un gruppo diviso a metà: alcune sono geneticamente più proiettate verso la resistenza altre sono “sprinter”. Il mio obiettivo e quello di tutto lo staff tecnico è ovviamente quello di rispettare ogni caratteristica ma anche di avere una omogeneità totale di squadra. Abbiamo diviso la fase di preparazione in due blocchi di 14 giorni: nella prima fase lavoreremo sulla forza – e per questo abbiamo inserito un allenamento di mattina per poi arrivare a due perché sulla forza si lavora meglio la mattina – nella seconda fase il lavoro sarà più metabolico. Noi vogliamo partire subito forte in campionato rispettando la nostra qualità migliore che è appunto la corsa”.

Qual è dal suo punto di vista la caratteristica fisico-atletica di questo gruppo?
“Torniamo al discorso della corsa. Tutte hanno voglia di giocare di corsa, tutte hanno una buona velocità di base che consente di sviluppare questa idea di gioco. Sono brave sia con la palla che senza. E tutte hanno una buona predisposizione alla difesa aggressiva che è un altro nostro marchio di fabbrica. Per me quindi il lavoro di preparazione è più facile e molto divertente”.

Eduardo Lubrano – Ufficio Stampa Athena Gruppo Stanchi Roma