Peppe Sindoni: «Giochiamo un bel basket, ma non ci accontentiamo…»

14 dicembre 2016 AUTORE: ANDRE#9
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  • Un piccolo alieno della pallacanestro italiana, due occhi che monitorano qualunque cosa accade nel panorama cestistico mondiale e qualche piccola rivincita presa negli ultimi mesi*. Con un breve passato a Brindisi, il DS Peppe Sindoni ha l’Orlandina Basket nelle sue vene: è stato un “giovane di belle speranze”, quotidianamente la vive e la respira, e ha creato negli ultimi anni un progetto dai risultati incredibili. Che fa sognare tutti i tifosi.

Una squadra giovane, con elementi di esperienza, ma sfrontata. Si può definire così?

«Forse si. Secondo me è una squadra consapevole dei suoi punti di forza e prova a cavalcarli e esaltarli. È una squadra mediamente giovane, ma ha uomini di punta nel pieno della loro carriera. Fitipaldo, Delas, Archie e Tepic hanno rispettivamente 25, 26 e gli ultimi due 29 anni, quindi, se escludiamo Diener, è una squadra abbastanza giovane. Alla fine penso che la “vera” esperienza l’abbiamo purtroppo solo in Drake Diener, e dico purtroppo perché Sandro (Nicevic) ha giocato solo 12 minuti alla prima giornata. Non c’è mai veramente stato per questo brutto infortunio al tendine d’Achille. È una squadra però che ha idee molto chiare, allenata molto bene e di conseguenza può apparire sfrontata. Sicuramente è un organico che ha autostima».

Quanto assomiglia secondo te questa squadra al suo allenatore?

«Coach Di Carlo ha delle idee molto chiare e di questo mi sono reso conto fin da subito. Anche in fase di costruzione della squadra abbiamo seguito un modus operandi simile a quello seguito con coach Pozzecco nell’estate del 2013, quando costruimmo la squadra che poi arrivò in finale playoff contro Trento. Quando ti rendi conto fin da subito che c’è grande chiarezza in quello che si vuole provare a raggiungere anche la costruzione della squadra viene fatta in un modo organico e preciso. E oggi credo che, a 4 mesi dall’inizio della stagione, l’idea del nostro coach la si vede in campo, e soprattutto quello che pensavamo di poter raggiungere a livello di maturità e qualità di gioco è a buon punto. Sono molto contento».

Dopo 11 giornate un sesto posto e una posizione migliore rispetto alla stagione 2007/2008. Quali differenze e quali connessioni ci sono fra queste due Orlandina?

«In tempo non sospetti avevo già detto che pensavo ci fossero diverse connessioni con quella squadra. L’annata gli somiglia molto perché c’è un gruppo di persone incredibili che stanno bene insieme e che sanno creare un’atmosfera di grande serenità ed empatia. Se c’è un aspetto diverso, ma che credo arricchisca la stagione in corso, è che questa sia una squadra formata da ragazzi di prospettive più importanti. Nel 2007/2008 si centrò un grosso risultato ma gli unici giocatori “giovani”, ma non più giovanissimi, erano Ndoja e Bruttini, ragazzi che comunque hanno fatto una buonissima carriera tra l’A2 di vertice e qualche campionato di A. Quest’anno invece c’è gente come Laquintana, ragazzo che potrebbe essere il futuro della nostra Nazionale, un playmaker completo che sta crescendo molto, Perl, che sta rientrando dall’infortunio ma è un ragazzo di grande prospettiva, e Stojanovic, più piccolo dei ragazzi che ho nominato prima ma che sta mettendo già in mostra, anche se com’è ovvio per un ragazzo di 18 anni non in maniera continua, tutte le sue potenzialità secondo me da Eurolega. Abbiamo avuto visite di scout anche durante la settimana, credo che anche questo rappresenti il valore in più. Quella squadra era pronta per far bene subito, in questa c’è anche un filo in più di futuribilità».

Vi giocate molto del vostro futuro più vicino nelle prossime tre gare: prima Sassari in casa, poi la difficile trasferta di Avellino, infine la “tua” Brindisi allenata dal coach della splendida stagione 2007/2008, Meo Sacchetti. Che scherzi che fa il destino…

«Hai ragione… Mancano 4 giornate e avremo due scontri casalinghi con Sassari e Brindisi, sappiamo che entrambe saranno sfide decisive. Non guardiamo troppo avanti però, sappiamo che Sassari può rappresentare una bel pezzo di accesso alle Final Eight. La Dinamo è spesso capitata nel nostro destino. Ci sono stati diversi ex, dai coach Sacchetti all’attuale Pasquini passando per Drake Diener. È stata la squadra che stava per cederci il titolo di A2 nel 2009, poi intervenne la regione Sardegna, Sassari vinse il campionato di categoria e a distanza di 6 anni vinse poi lo scudetto. Stessa cosa Brindisi: io ho lavorato lì un anno, adesso c’è Meo (Sacchetti, ndr). Sono due realtà vicine a noi, una è isolana l’altra del sud. Sono tanti begli incastri. Credo che però alla fine in maniera concreta e pragmatica serva vincere almeno 2 partite per accedere alle Final Eight e noi avremo anche le due trasferte di Avellino e Pesaro dove avremo l’occasione per fare punti. Quindi ne giochiamo una alla volta, sapendo che è possibile. È un nostro obiettivo, ce la giochiamo fin da sabato e speriamo che la gente possa capire l’importanza della partita e spingerci alla vittoria».

Proprio il pubblico, però sembra però non capire a fondo l’importanza di questa realtà. Qual è il messaggio che secondo te fatica ad arrivare ai tifosi?

«Non penso sia un problema di un messaggio che non passi o che non arrivi ai tifosi. Penso che la gente che riusciamo a toccare risponde sempre presente. Sicuramente non è un momento storico in cui è facile portare 4000 persone al PalaFantozzi, a Capo d’Orlando. È un periodo economico complicato. Credo però sia il momento giusto per tanti che non si sono avvicinati o che vogliono iniziare a entrare a contatto con la pallacanestro. È il momento in cui possono vedere comunque una squadra che gioca un bel basket collettivo dove non ci sono egoismi, cosa che caratterizza di più il nostro gioco, e al tempo stesso avvicinarsi a una squadra che è vicina e che può conquistare un risultato che per Capo d’Orlando e per la pallacanestro siciliana sarebbe storico».

Fitipaldo, Diener e Archie punte assolute, ma anche Iannuzzi, Stojanovic, Laquintana, Perl, Tepic, Delas. È corretta la definizione “Orlandina gregaria” secondo te?

«Onestamente no, io del termine “gregario” ho un’altra concezione. Non bisogna confondere l’altruismo di questa squadra con l’essere gregari. I gregari servono, però nella mia idea di questo termine una squadra di gregari vince le partite 60-59 buttando l’ultima goccia di sudore sull’ultimo possesso. Soprattutto nelle gare al PalaFantozzi credo invece che l’Orlandina abbia vinto partite dimostrando una superiorità tecnica importante su altre squadre forti come Torino, Cantù, Pistoia o Varese. È un gruppo che oggi vince perché gioca meglio degli altri».

Pensi che se dovesse raggiungere la Final Eight questa squadra potrebbe avere un calo?

«Non credo. Ci siamo prefissati l’obiettivo delle Final Eight perché sarebbe stupido a così poche partite da questo primo traguardo non pensarci. È giusto farlo, siamo in ballo… e balliamo. Ma gli unici obiettivi che ci siamo prefissati ad inizio anno sono chiudere con un record casalingo positivo e giocare bene a pallacanestro. Onestamente penso che non ci sia il pericolo di sedersi, abbiamo giocatori in quintetto che hanno giocato tanti anni in Eurolega, un altro è capitano della Nazionale, l’altro ha vinto tutto quello che si poteva nell’ultimo anno e mezzo ad Ostenda. Parlo quotidianamente con i ragazzi, sono consapevoli di stare giocando una buonissima pallacanestro ma non si sentono di essere parte di qualcosa di così straordinario. Penso che la loro fame sia incredibile, non ho paura di un possibile calo. Fin quando vedrò la squadra giocare così sarò contento, vittorie o sconfitte che siano. Ci saranno momenti della stagione in cui arriveranno meno vittorie ma attualmente sono contento soprattutto della qualità del gioco che esprime questa squadra».

Hai un rimpianto in questo inizio di stagione?

«Vorrei rigiocare la partita contro Milano con Drake Diener in campo, perché onestamente secondo me potevamo vincere e avremmo avuto un score casalingo cristallino di sei vittorie su sei gare».

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