Marco Laganà: «Ho lavorato due mesi da solo e adesso mi sento in condizione di giocare

8 dicembre 2016 AUTORE: ANDRE#9
Marco Laganà: «Ho lavorato due mesi da solo e adesso mi sento in condizione di giocare

«Dura iniziare da capo, ma ora sono tornato»

Missing. Ovvero, scomparso. Da oltre due mesi, infatti, di Marco Laganà si erano perse le tracce. Vero che in occasione delle partite di campionato della Pallacanestro Cantù lui si accomodava tranquillamente al suo posto in panchina (anche perché così assicurava il numero legale di italiani a referto) senza peraltro aver in precedenza sostenuto il riscaldamento con il resto della squadra. No, lui da Milano – dove nel frattempo aveva stabilito il suo nuovo domicilio -prendeva e raggiungeva la squadra. Si cambiava, indossava la divisa d’ordinanza e si metteva a sedere. Al termine del match tornava in abiti borghesi, salutava la compagnia e «arrivederci alla prossima». Così per nove gare. Nove turni di campionato. Nove presenze solo per onor di firma. Dopodiché, lunedì ha ripreso a mettere piede al “Toto Caimi” per allenarsi e il giorno seguente ha svolto la suaprima seduta con la squadra. Insomma, Laganà è tornato. Dove eravamo rimasti verrebbe da dirsi. Anzi, da chiedergli. E allora ecco la domanda. L’avevamo incrociata in occasione della partenza per il ritiro precampionato in Lituania e ci aveva assicurato che stava bene, che aveva lavorato sodo nei mesi precedenti per recuperare dal grave infortunio e che non vedeva l’ora di iniziare. Che accidenti è successo poi? Che sono stato costretto a interrompere la preparazione mirata che stavo portando avanti e che si stava rivelando positiva. Mi consentiva, infatti, di non accusare più alcun dolore al ginocchio in virtù di un tono muscolare decisamente sostenuto. Che significa “sono stato costretto”? Che ho dovuto svolgere la stessa tipologia di allenamento di tutti gli altri. Eravamo in ritardo come squadra sui tempi della preparazione e così in Lituania abbiamo corso moltissimo dedicandoci inoltre a tanta, tanta pallacanestro. Ma il lavoro sui pesi, in pratica, non esisteva. E io avrei dovuto svolgerlo almeno un paio di volte alla settimana.. Agli inizi di ottobre parte il campionato e lei nel match contro Venezia sta in campo 7 minuti. La mia condizione fisica era pietosa. Avevo “perso” quasi tutto il muscolo e il dolore al ginocchio aveva iniziato a tormentarmi. Così non si poteva andare avanti e allora ho deciso di abbandonare perché la sensazione è che mi sarei potuto di nuovo far male. In realtà si diceva che lei non reggesse gli estenuanti allenamenti di Kurtinaitis. Balle. Con Corbani e Cancellieri, ad esempio, non avevo mai avuto problemi di sorta pur con sedute anche più intense. Non era che non riuscivo, era che non potevo permetterlo. Che è diverso. Dovevo fare la scelta giusta per me e allora mi sono impuntato. C‘è stato un confronto con la società e ringrazio la disponibilità in particolare del ds Luca Berti per avermi concesso di intraprendere un percorso a parte. E dunque? Ho iniziato da capo. Dalle basi. Ripercorrendo il lavoro che mi aveva dato da fare Sem Bianchi (il precedente preparatore atletico). È come se avessi buttato via dei gran mesi perché mi sono ritrovato all’abc, ma adesso mi sento di nuovo in condizione. Intanto di allenarmi con gli altri. Se poi anche di giocare, vedremo. Curioso che il suo ritorno sia coinciso con la partenza di coach Kurtinaitis… Si è trattato, appunto, di una semplice coincidenza. Nel senso che i due mesi che ci eravamo dati sono terminati proprio nel momento in cui lui interrompeva il rapporto con Cantù. Ma sarei rientrato anche con lui perché tra noi il rapporto non è affatto incrinato come invece in più occasioni mi è toccato leggere e sentir dire. Lui ha sempre parlato bene di me e io ero euforico di essere un suo giocatore. Dunque, nessuna remora, nessun rancore. La vedremo in campo, oltre che naturalmente in panchina, lunedì contro Avellino? A parte che il quesito è da rivolgere a coach Bolshakov e non al sottoscritto, posso soltanto far presente che sono ovviamente a disposizione. Ma un conto è allenarsi, altro è giocare. Alludo ad esempio al ritmo partita. Ebbene, quello al momento per me è ancora un illustre sconosciuto. A proposito di Bolshakov: prima di partire per la Lituania, lei ad agosto aveva svolto qualche allenamento con lui al Pianella. E rivelai subito in un’intervista che avevo avuto l’impressione di trovarmi di fronte un allenatore preparato. Fatica con l’inglese, ma c‘è Sodini (l’assistente) che anche in questo caso lo spalleggia in maniera esemplare. Compongono una buona coppia e credo possano dare una bella mano a questa squadra. La situazione, oltre che fluida, resta tuttavia ancora incerta. Non era facile prima e non lo è anche ora perché siamo in emergenza poiché mancano giocatori. Ma il clima è sereno e la vittoria nel derby con Varese ha contribuito a restituire un minimo di tranquillità oltre a darci una boccata d’ossigeno. Perché pur essendo giunti soltanto a un terzo del campionato, l’ultimo posto in classifica metteva ansia. Cosa scorge all’orizzonte?*Intanto vediamo di ritrovarci un passo alla volta e di scalare qualche altra posizione anche se pensare a qualcosa di più grande e di diverso, allo stato attuale non mi sembra altro che una stronzata. Sia sincero. *Durante questi mesi non ha davvero mai pensato di lasciare Cantù per accasarsi altrove? In tutta onestà, talvolta qualche dubbio al riguardo mi ha assalito perché assicuro che è normale in certi momenti farsi prendere dallo sconforto. Brutti pensieri definitivamente abbandonati? Se tra un mese non dovesse andare allora se ne potrebbe riparlare, ma francamente non ci sto pensando. C‘è qualcosa che l’ha ferita più di altre? Mi è dispiaciuto sentire qualche accusa nei miei riguardi totalmente gratuita. Soprattutto da chi non conosceva affatto la situazione. Comprendo faccia parte del gioco e del tifo, ma davvero non c’entrava nulla. Ciò detto, ho sempre dormito la notte perché dopo due infortuni così gravi mi sono venute le spalle larghe. E non m’ammazza più niente e nessuno.

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