Scandone, ora rialzati e combatti

4 dicembre 2016 AUTORE: ANDRE#9
Scandone, ora rialzati e combatti

Poteva essere la domenica giusta per chiudere la pratica Final Eight, ma la lotteria del basket ha premiato una Reyer che è stata, oggettivamente, più squadra. Stop ai primi mugugni: si riparta dall’ardore di Zerini, dai punti di Ragland, dalla scossa di Randolph e dai muscoli di Fesenko

Poteva essere la domenica decisiva per chiudere la pratica Final Eight, invece la Sidigas esce dalla contesa contro Venezia con qualche livido di troppo e due punti persi per un soffio. Perso anche il terzo posto: i lupi hanno subito l’aggancio da parte degli orogranata ed ora “scivolano” in quarta posizione. Tutto ciò è figlio di un partita strana, altalenante, che trova il suo bivio finale quando Leunen sbaglia il primo dei tre liberi che avrebbero potuto portare al pari, ma che, come tutte le gare combattute, trova in ogni virgola la propria sliding doors.

Tanta generosità, importanti giocate corali ed individuali non sono bastate alla Scandone per avere ragione dei cugini della Reyer. La verità la spiega il coach lagunare, Walter De Raffaele, nel ventre del Del Mauro: la Reyer è stata più squadra, è riuscita (partendo dalla sicurezza Ejim (20 punti, 10 rimbalzi ed un assist) a trovare in tutti i suoi effettivi il centesimo giusto per arrivare alla quota di un euro, portando a casa la succosa posta in palio. Non che la Scandone abbia peccato in unità o in motivazioni: il tabellino intonso di Adonis Thomas e quello appena colorato di Retin Obasohan, possono rappresentare le “falle” numeriche di una gara fondamentalmente buona, ma persa nella volata finale senza colpe specifiche. Troppi i tiri aperti falliti, altalenante dominio sotto canestro (35-30 il conto dei rimbalzi a favore della Reyer), bravura degli avversari bravi a cambiare pelle nel momento decisivo del match.

Non mancano, comunque, i riscontri positivi che arrivano da una sconfitta che, conti alla mano, fa male: l’ardore di Zerini, importantissimo nella fase difensiva, è un segnale da cogliere per far rifiatare un Maarten Leunen provato da un tourbillon di gare giocare da vero fuoriclasse. La rabbia agonistica di Ragland, invece, cresce sempre di più ed il tabellino ne è testimone. Randolph, che ha cominciato in sordina, è poi riuscito a recuperare trascinando Avellino all’aggancio, purtroppo temporaneamente. Kyrylo Fesenko, soffre il più agile Ejim, è stato autore di una prestazione all’insegna della continuità.

Non sappiamo se questa sarà la classica sconfitta utilizzabile da “lezione” o una brutta botta da assorbire, con eventuali contraccolpi. Sappiamo, però, che è un k.o. che ci può stare e non può essere velato da fischi o mugugni. Reazioni che appartengono, ovviamente, ad una sparuta minoranza del pubblico biancoverde, caloroso sempre e da sempre, storicamente attento all’ardore e al sudore gettato in campo dai suoi cestisti. Le considerazioni di Sacripanti sono condivisibili e devono suonare da monito: un anno fa questa squadra era in mare aperto, oggi può sfidare gli iceberg con il carisma di un rompighiaccio. Certo, non potrà uscire sempre vincitrice ma ciò è nell’economia del basket.

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